“Chiamami per nome” – Il progetto continua

Il Convegno “Chiamami per nome” di giovedì 24 gennaio, ha avuto un ottimo risultato nel gettare le basi per un confronto costruttivo sul tema del trangender all’Università, come emergerà dagli atti che presto pubblicheremo.
Le posizioni di chiusura evidenziate da alcuni giornali nelle perplessità espresse dal Prorettore Guido Scutari già in apertura dell’evento, hanno ricevuto puntali risposte nelle relazioni del Convegno stesso, e saranno ulteriormente chiarite con la modalità di dialogo già iniziata e che la nostra associazione intende portare avanti in ogni caso. Le posizioni di apertura non mancano, diversi docenti hanno confermato il loro sostegno, la Delegata del Rettore Saveria Chemotti ritiene che con la ragione si possa e si debba arrivare ad una soluzione chiara e ufficiale che tuteli la dignità degli individui.

Affermare che questa richiesta è inapplicabile sarebbe come dire che ci sono cinque Università in Italia che agiscono nell’illegalità, invece in questi Atenei il “doppio libretto” è regolarmente applicato da molti anni, con le dovute certificazioni, sia in cartaceo che con soluzioni informatiche, mentre la laurea avviene con il nome anagrafico. Non ci sono problemi amministrativi che non siano risolvibili con la buona volontà, e il Convegno ha dimostrato che ci sono tutti i presupposti legali per rispondere a questa richiesta, sia per la Costituzione, che per gli impegni presi dalla stessa Università di Padova con il suo Codice Etico, come hanno affermato gli interventi di Francesco Bilotta giurista dell’Università di Udine, e di Alisa del Re che rappresenta il Centro Studi di Genere dell’Università di Padova.

“L’Università’ di Padova, come luogo del sapere e della scienza dovrebbe dare un esempio concreto di rispetto e apertura, e come hanno fatto altri atenei dovrebbe superare le incertezze amministrative e dare questa opportunità agli studenti nel rispetto della nostra Costituzione e di tutti i cittadini, sono accanto ai sostenitori di questo che chiamo un progetto di civiltà” dichiara Daniela Ruffini, presidente del Consiglio Comunale di Padova, che era presente al convegno. Era presente anche Piero Ruzzante, consigliere regionale e segretario cittadino del PD: “E’ una questione di diritti e di tutela della privacy. E non si banalizzi dicendo che la questione riguarda pochi. Anche se fosse una sola persona la nostra libertà passa attraverso la tutela di quel singolo. Mi auguro che l’Università di Padova oltre ad aver dato un positivo segnale ospitando in una sua prestigiosa sala il convegno dia seguito a quanto già realizzato in altre università italiane. In fondo questa richiesta non rappresenta alcun problema, è in perfetta linea con il rispetto della nostra carta costituzionale ed estende un diritto fondamentale, cioè quello allo studio, alle persone transessuali. Sono a disposizione per tutte le iniziative che ci aiuteranno a raggiungere questo obiettivo”.

Una pubblica amministrazione non si può nascondere dietro le omissioni di una legge incompleta. L’utilizzo legale di uno pseudonimo è una pratica già garantita in moltissimi casi, prima di tutto in nell’esercizio delle elezioni politiche, e addirittura in Parlamento. Citiamo il caso di Vladimir Luxuria che risultava alla Camera con questo nome, o di altri casi storici, come Bettino Craxi.

Il Codice Etico stesso dell’Università di Padova condanna le molestie morali e le discriminazioni passive, ovvero quelle mancanze che impediscono anche indirettamente, per mancanza di tutele, le pari opportunità. Una soluzione elaborata caso per caso va contro questo principio, costringendo ogni singolo individuo a esporsi personalmente per far difendere la propria privacy sarebbe una contraddizione in termini. Il problema della visibilità delle persone transessuali è stato sottolineato più volte nel convegno dagli psicologi, dalle associazioni e dalle esperienze personali, ed evidenzia la necessità di un servizio accessibile. Queste difficoltà personali sono state evidenziate dal fatto che il problema sia già stato posto all’Università di Padova più volte negli ultimi anni.

Le associazioni studentesche intendono continuare a proseguire la strada indicata dal convegno, che appare praticabile e necessaria: “Non si tratta di dare una risposta a qualche studente, si tratta di salvaguardare la dignità delle persone e evitare le molestie morali che questa organizzazione burocratica provoca” come dichiarano Marina Molinari, presidente dell’Associazione Studenti Universitari, e Sara Ghezzo, rappresentante del Sindacato degli Studenti in Senato Accademico. Per Marco Zabai, rappresentante in Senato Accademico dell’UDU – Studenti per, “E’ tutta una questione di volontà politica e non di limiti giuridici, se l’ateneo vuole può farlo e faremo tutto il possibile per non lasciare alcuna scusa, offrendo soluzioni concrete”.

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