L’associazione Antéros LGBTI esprime la propria solidarietà e vicinanza a Camilla Seibezzi, consigliera al Comune di Venezia, per i violenti attacchi e le minacce di morte di cui è stata fatta oggetto in questi giorni.
Evidentemente è questo che ancora oggi capita nel nostro Paese a chi coraggiosamente tenta di disancorarlo dalle sabbie del medioevo dei diritti per traghettarlo al livello di civiltà raggiunto dalla maggior parte degli altri paesi europei.
Di cosa è colpevole infatti Camilla Seibezzi, delegata del Sindaco ai diritti civili e alle politiche contro le discriminazioni? Nient’altro che di una proposta di civiltà, quella cioè di sostituire le parole “padre” e “madre” con la parola “genitori” nella modulistica scolastica.
Si tratterebbe di un provvedimento volto semplicemente ad eliminare l’imbarazzo che colpisce tutte quelle famiglie in cui i bambini non hanno un papà e una mamma, bensì due mamme o due papà: famiglie il cui numero aumenta sempre più, ma che non godono di alcun riconoscimento sociale né di alcuna tutela giuridica. La scelta del termine “genitori” non esclude certo l’uso corrente delle parole “padre” e “madre”, ma anzi le comprende; come ha dichiarato la stessa Seibezzi. I padri e le madri infatti sono genitori, dunque il provvedimento non sarebbe in alcun modo lesivo delle coppie eterosessuali. Non si capisce quindi il motivo della levata di scudi da parte degli ambienti cattolici e della destra più retriva, che come sempre agitano a sproposito la bandiera della difesa della nostra “cultura” e dei “valori tradizionali”; difesa che appare piuttosto come un tentativo anacronistico e smodato di negare i reali cambiamenti della nostra società e l’esistenza di modelli di famiglia che si discostano da quello “tradizionale”.
Le minacce di morte non sono altro che l’ennesima conferma che la cosiddetta “cultura della vita” ha bisogno dell’istigazione alla violenza per poter salvaguardare gli “ideali” di una società che non esiste più. Le famiglie omogenitoriali – se ne facciano una ragione anche i nostri esponenti politici – esistono e vivono integrate nella nostra società, contribuiscono e usufruiscono degli stessi servizi delle famiglie cosiddette “tradizionali” e non si capisce dunque perché non debbano godere anche degli stessi diritti e dello stesso rispetto.